martedì 7 giugno 2022

Le modifiche al rito del lavoro contenute nella legge n. 206 del 2021 - Brevi osservazioni alla delega

Di Pietro Sandulli - Sommario: 1. Premessa. - 2. Rito in tema di licenziamento. – 3. Il nuovo mezzo (potenzialmente) deflattivo. – 4. Modiche relative al giudizio di appello.- 5. Conclusioni.

1. Premessa.

a) La legge n. 206 del 2011, nell’assegnare le deleghe all’esecutivo, si occupa anche di intervenire sul processo del lavoro, ponendo fine alla incertezza nata, in tema di tutela dei licenziamenti, dall’aver lasciato in vita, al momento della approvazione del jobs act (d. lgs. n. 23 del 2015), il rito Fornero (legge n. 92 del 2012) in tema di licenziamenti relativi ai rapporti di lavoro, a tempo indeterminato, insorti prima del 7 marzo 2015 (art. 11 del decreto legislativo n. 23 del 4 marzo 2015).

Il comma undicesimo dell’unico articolo di cui si compone la legge di “delega al governo per l’efficienza del processo civile”, nell’occuparsi del processo del lavoro così prescrive: “Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura civile in materia di controversie di lavoro e previdenza sono adottati nel rispetto del seguente principio e criterio direttivo: unificare e coordinare la disciplina dei procedimenti di impugnazione dei licenziamenti, anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro, adottando le opportune norme transitorie, prevedono che: a) la trattazione delle cause di licenziamento in cui sia proposta domanda di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro abbia carattere prioritario; b) le azioni di impugnazione dei licenziamenti dei soci delle cooperative, anche ove consegua la cessazione del rapporto associativo, siano introdotte con ricorso ai sensi degli articoli 409 e seguenti del codice di procedura civile; c) le azioni di nullità dei licenziamenti discriminatori, ove non siano proposte con ricorso ai sensi dell’articolo 414 del codice di procedura civile, possano essere introdotte, ricorrendone i presupposti, con i rispettivi riti speciali di cui agli articoli 38 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e 28 del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150, stabilendo che la proposizione dell’azione, nell’una o nell’altra forma, preclude la possibilità di agire successivamente in giudizio con rito diverso”.

 

b) In altra parte della legge di delega e, precisamente, al punto contrassegnato dalla lettera q) del quarto comma dell’articolo 1, in tema di mediazione e negoziazione, sempre in materia di lavoro, è possibile leggere: “Prevedere, per le controversie  di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile, fermo restando quanto disposto dall’articolo 412-ter del medesimo codice, senza che ciò costituisca condizione di procedibilità dell’azione, la possibilità di ricorrere alla negoziazione assistita, a condizione che ciascuna parte sia assistita dal proprio avvocato, nonché, ove le parti lo ritengano, anche dai rispettivi consulenti del lavoro, e prevedere altresì che al relativo accordo sia assicurato il regime di stabilità protetta di cui all’articolo 2113, quarto comma, del codice civile”.

Operate queste due puntualizzazioni che si sono rese necessarie a causa della dispersiva redazione della legge, è ora opportuno esaminare partitamente i due punti della normativa, che una volta eseguita la delega, per la quale – come è noto – l’Esecutivo ha tempo sino al 24 dicembre 2022, incideranno sul processo del lavoro.

E’ necessario, sin da ora, premettere che le modifiche non scalfiscono la sistematica del processo del lavoro voluta dalla legge n. 533 del 1973; anzi, proprio l’abolizione del rito introdotto dalla legge n. 92 del 2012, finisce per riconfermare la bontà dell’impianto processuale voluto, circa 50 anni fa, a tutela delle vicende inerenti al lavoro.

 

2. Rito in tema di licenziamento.

La legge n. 206 del 2021, nel dare attuazione a uno degli obiettivi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, presentato dallo Stato Italiano all’Unione Europea nella primavera del 2021 e approvato da quest’ultima il 5 maggio 2021, si prefigge l’obiettivo di abbattere completamente l’arretrato, entro la fine del 2026, e di ridurre del 40% i tempi di durata dei singoli giudizi.

Avvicinando,in tal modo i nostri tempi processuali a quelli operanti negli altri Stati membri, al fine di garantire, sempre più, a tutti i cittadini europei una tutela analoga in ogni singolo Stato.

Inoltre, il PNRR si prefigge l’obiettivo di rendere efficienti il giudizio civile, del quale il rito del lavoro costituisce parte rilevante, in quanto contenuto nel secondo libro del codice di procedura civile, codice che, come si è detto, è stato innovato con la modifica del rito lavoro nel 1973.

In tale ottica, il legislatore, nel dettare la delega contenuta nel comma 11, dell’unico articolo di cui si compone la legge n. 206 del 26 novembre 2021, ha previsto l’abolizione del doppio sistema di tutela che era stato generato, creando non poca confusione, dalla legge n. 92 del 2012, nota anche come “legge Fornero”. Invero, la normativa del 2012, nel modificare l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300 del 20 maggio 1970), aveva istituito, per l’impugnativa dei licenziamenti, un processo articolato su quattro diverse fasi, in evidente controtendenza con quanto previsto dal decreto legislativo n. 150 del 1 settembre 2011, che aveva individuato tre soli riti di riferimento: quello ordinario, quello del lavoro ed il rito sommario, introdotto solo tre anni prima, dalla legge 69 del 2009 (articoli 702 bis, 702 ter e 702 quater cpc).

Successivamente, con l’avvento del decreto legislativo n. 23 del 4 marzo 2015, furono dettate le nuove regole per la tutela del lavoro (tutela definita dallo stesso decreto legislativo “crescente”), ma fu lasciato in vita, per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato insorti prima del 7 marzo 2015, giorno di entrata in vigore del decreto legislativo n. 23, il rito previsto dalla Fornero. Ora la delega prevede, per i procedimenti di impugnazione dei licenziamenti, l’utilizzo del solo rito previsto nel codice di procedura civile dall’art. 409 e seguenti, restituendo, in tal modo, l’unità di questo sistema di tutela.

Come parte della dottrina aveva suggerito all’atto dei lavori preparatori della legge n. 92 del 2012, il legislatore delegante ha regolamentato l’urgenza di questo tipo di cause, in particolare di quelle in cui venga proposta domanda di reintegrazione del lavoratore, assegnando ad esse, nella formulazione delle tabelle, carattere prioritario.

Un ultimo rilievo, è legato alle tematiche dei licenziamenti discriminatori, dove il legislatore delegante lascia sopravvivere una alternativa di tutela tra quanto previsto dal codice di rito civile e quanto contenuto dall’articolo 38 del decreto legislativo del 11 aprile 2006, n. 198 e dall’articolo 28 del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150 tenendo in vita una potenziale disparità di tutela che sarebbe stato opportuno evitare. In merito a quest’ultimo punto, è auspicabile che il legislatore delegato, all’atto dell’espletamento della delega, possa fare chiarezza.

 

3. Il nuovo mezzo (potenzialmente) deflattivo.

Come ricordato in precedenza, in altra parte della legge 206 del 2021, precisamente nella lettera q) del comma 4, tra le altre ipotesi di potenziamento della mediazione e della negoziazione assistita, il legislatore, nel dettare i  criteri per il riempimento della delega, chiede all’Esecutivo di prevedere per le controversie di cui all’articolo 409 c.p.c la possibilità di ricorrere alla negoziazione assistita. Chiarisce, però, che tale possibilità non costituisce condizione di procedibilità dell’azione.

La opportunità contemplata, sulla base di un accordo che veda chiaramente espressa la volontà di entrambe le parti di ricorrere a tale mezzo di ADR, deve, però, prevedere che ciascuna parte sia assistita dal proprio legale ed eventualmente anche dai rispettivi consulenti del lavoro.

Tuttavia, la novità più rilevante, sulla quale occorre fermare la nostra attenzione, anche sotto il profilo deontologico, è costituita dalla circostanza che il legislatore delegato dovrà prevedere che all’eventuale accordo “sia assicurato il regime di stabilità protetta di cui all’articolo 2013, quarto comma, del codice civile”.

In tal modo, si incide sulla garanzia offerta dall’art. 2013 a vantaggio della parte ritenuta più debole, vale a dire, a tutela del lavoratore.

Invero, sarà compito degli avvocati, chiamati in assistenza in questo tipo di procedura, di riprodurre le garanzie che in precedenza venivano assicurate, a norma del quarto comma dell’art. 2013 del codice civile (modificato dall’art. 31 della legge n. 183 del 4 novembre 2010). La modifica delegata all’Esecutivo, al riguardo, ponendo fine ad un vincolo risalente al 1919 (art. 12 d.l.lt. 9 febbraio 1919, n. 112) tende ad ampliare l’ambito di applicazione della negoziazione assistita anche alle cause di lavoro, assegnando ad essa carattere di opportunità e non di obbligatorietà. 

Invero, trattandosi di vicende connesse a rapporti che implicano la disparità delle posizioni economiche dei contraenti sarà necessario, per gli avvocati all’atto della negoziazione, porre in essere tutte le accortezze idonee ad evitare che detta disparità venga replicata nell’accordo. Il successo della utilizzazione della negoziazione assistita nelle vertenze di lavoro, oltre che alle norme, che saranno previste dal legislatore, all’atto dell’espletamento della delega, è anche legato alla corretta ed attenta applicazione che i legali delle parti dovranno porre in relazione a detto istituto.

 

4. Modiche relative al giudizio di appello.

Nell’ambito della legge di delega è possibile riscontrare, nelle lettere c) ed e) del comma 8, dell’articolo 1 della legge n. 206 del 2021, altre due modifiche inerenti la fase di gravame del rito del lavoro. 

La prima, contenuta nel punto c), implica la delega all’Esecutivo di prevedere che “negli atti introduttivi dell’appello disciplinati dagli articoli 342 e 434 del codice di procedura civile, le indicazioni previste a pena di inammissibilità siano esposte in modo chiaro, sintetico e specifico”. Tale profilo, squisitamente formale, finalizzato a rendere più funzionale l’atto introduttivo del giudizio di gravame, al momento, non necessita di alcun tipo di commento. Sarà, poi, necessario, all’atto dell’espletamento della delega, verificare il portato delle potenziali novità. 

Inoltre, nella lettera e), del medesimo comma 8, è previsto che “l’impugnazione che non ha una ragionevole probabilità di essere accolta sia dichiarata manifestamente infondata e prevedere che la decisione di manifesta infondatezza sia assunta a seguito di trattazione orale con sentenza succintamente motivata anche mediante rinvio a precedenti conformi; modificare conseguentemente gli articoli 348 bis e 348 ter del codice di procedura civile”.

Invero, poiché detti articoli, in base a quanto disposto dall’art. 436 bis c.p.c., trovano applicazione anche per il giudizio del lavoro la delega contenuta nella lettera e), del comma 8, troverà applicazione anche in riferimento ai giudizi in tema di lavoro subordinato e/o parasubordinato. Sarà necessario attendere l’emanazione concreta degli articoli, al compimento della delega, per vedere quale sarà l’ampiezza dell’innovazione. Va, comunque, salutata positivamente la circostanza che viene prevista, nelle ipotesi di manifesta infondatezza del gravame, di una specifica trattazione orale e di una puntuale (anche se sintetica) motivazione al riguardo.

 

5. Conclusioni.

Dai suggerimenti contenuti nella legge 206 del 2021, emerge, chiaramente, come le modifiche legate al rito del lavoro sono marginali e confermano la validità di tale procedura nel tempo, a distanza di circa cinquanta anni dalla sua entrata in funzione. Invero, l’unica rilevante modifica si pone in relazione al chiarimento reso necessario dalle distonie introdotte, nel sistema, dalla legge n. 92 del 2012, che ha distonie che hanno, di recente, interessato anche il Giudice della legittimità delle leggi (cfr. Corte Costituzionale 19 maggio 2022, n. 125).

Come ricordato, in precedenza, al fine di valutare compiutamente le modifiche delegate sarà necessario che l’Esecutivo dia riempimento alla delega contenuta nella legge 206 del 26 novembre 2021, operazione che, come è noto, troverà compimento entro il termine del 24 dicembre 2022.

 

1. Premessa.

a) La legge n. 206 del 2011, nell’assegnare le deleghe all’esecutivo, si occupa anche di intervenire sul processo del lavoro, ponendo fine alla incertezza nata, in tema di tutela dei licenziamenti, dall’aver lasciato in vita, al momento della approvazione del jobs act (d. lgs. n. 23 del 2015), il rito Fornero (legge n. 92 del 2012) in tema di licenziamenti relativi ai rapporti di lavoro, a tempo indeterminato, insorti prima del 7 marzo 2015 (art. 11 del decreto legislativo n. 23 del 4 marzo 2015).

Il comma undicesimo dell’unico articolo di cui si compone la legge di “delega al governo per l’efficienza del processo civile”, nell’occuparsi del processo del lavoro così prescrive: “Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, il decreto o i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura civile in materia di controversie di lavoro e previdenza sono adottati nel rispetto del seguente principio e criterio direttivo: unificare e coordinare la disciplina dei procedimenti di impugnazione dei licenziamenti, anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro, adottando le opportune norme transitorie, prevedono che: a) la trattazione delle cause di licenziamento in cui sia proposta domanda di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro abbia carattere prioritario; b) le azioni di impugnazione dei licenziamenti dei soci delle cooperative, anche ove consegua la cessazione del rapporto associativo, siano introdotte con ricorso ai sensi degli articoli 409 e seguenti del codice di procedura civile; c) le azioni di nullità dei licenziamenti discriminatori, ove non siano proposte con ricorso ai sensi dell’articolo 414 del codice di procedura civile, possano essere introdotte, ricorrendone i presupposti, con i rispettivi riti speciali di cui agli articoli 38 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e 28 del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150, stabilendo che la proposizione dell’azione, nell’una o nell’altra forma, preclude la possibilità di agire successivamente in giudizio con rito diverso”.

 

b) In altra parte della legge di delega e, precisamente, al punto contrassegnato dalla lettera q) del quarto comma dell’articolo 1, in tema di mediazione e negoziazione, sempre in materia di lavoro, è possibile leggere: “Prevedere, per le controversie  di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile, fermo restando quanto disposto dall’articolo 412-ter del medesimo codice, senza che ciò costituisca condizione di procedibilità dell’azione, la possibilità di ricorrere alla negoziazione assistita, a condizione che ciascuna parte sia assistita dal proprio avvocato, nonché, ove le parti lo ritengano, anche dai rispettivi consulenti del lavoro, e prevedere altresì che al relativo accordo sia assicurato il regime di stabilità protetta di cui all’articolo 2113, quarto comma, del codice civile”.

Operate queste due puntualizzazioni che si sono rese necessarie a causa della dispersiva redazione della legge, è ora opportuno esaminare partitamente i due punti della normativa, che una volta eseguita la delega, per la quale – come è noto – l’Esecutivo ha tempo sino al 24 dicembre 2022, incideranno sul processo del lavoro.

E’ necessario, sin da ora, premettere che le modifiche non scalfiscono la sistematica del processo del lavoro voluta dalla legge n. 533 del 1973; anzi, proprio l’abolizione del rito introdotto dalla legge n. 92 del 2012, finisce per riconfermare la bontà dell’impianto processuale voluto, circa 50 anni fa, a tutela delle vicende inerenti al lavoro.

 

2. Rito in tema di licenziamento.

La legge n. 206 del 2021, nel dare attuazione a uno degli obiettivi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, presentato dallo Stato Italiano all’Unione Europea nella primavera del 2021 e approvato da quest’ultima il 5 maggio 2021, si prefigge l’obiettivo di abbattere completamente l’arretrato, entro la fine del 2026, e di ridurre del 40% i tempi di durata dei singoli giudizi.

Avvicinando,in tal modo i nostri tempi processuali a quelli operanti negli altri Stati membri, al fine di garantire, sempre più, a tutti i cittadini europei una tutela analoga in ogni singolo Stato.

Inoltre, il PNRR si prefigge l’obiettivo di rendere efficienti il giudizio civile, del quale il rito del lavoro costituisce parte rilevante, in quanto contenuto nel secondo libro del codice di procedura civile, codice che, come si è detto, è stato innovato con la modifica del rito lavoro nel 1973.

In tale ottica, il legislatore, nel dettare la delega contenuta nel comma 11, dell’unico articolo di cui si compone la legge n. 206 del 26 novembre 2021, ha previsto l’abolizione del doppio sistema di tutela che era stato generato, creando non poca confusione, dalla legge n. 92 del 2012, nota anche come “legge Fornero”. Invero, la normativa del 2012, nel modificare l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300 del 20 maggio 1970), aveva istituito, per l’impugnativa dei licenziamenti, un processo articolato su quattro diverse fasi, in evidente controtendenza con quanto previsto dal decreto legislativo n. 150 del 1 settembre 2011, che aveva individuato tre soli riti di riferimento: quello ordinario, quello del lavoro ed il rito sommario, introdotto solo tre anni prima, dalla legge 69 del 2009 (articoli 702 bis, 702 ter e 702 quater cpc).

Successivamente, con l’avvento del decreto legislativo n. 23 del 4 marzo 2015, furono dettate le nuove regole per la tutela del lavoro (tutela definita dallo stesso decreto legislativo “crescente”), ma fu lasciato in vita, per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato insorti prima del 7 marzo 2015, giorno di entrata in vigore del decreto legislativo n. 23, il rito previsto dalla Fornero. Ora la delega prevede, per i procedimenti di impugnazione dei licenziamenti, l’utilizzo del solo rito previsto nel codice di procedura civile dall’art. 409 e seguenti, restituendo, in tal modo, l’unità di questo sistema di tutela.

Come parte della dottrina aveva suggerito all’atto dei lavori preparatori della legge n. 92 del 2012, il legislatore delegante ha regolamentato l’urgenza di questo tipo di cause, in particolare di quelle in cui venga proposta domanda di reintegrazione del lavoratore, assegnando ad esse, nella formulazione delle tabelle, carattere prioritario.

Un ultimo rilievo, è legato alle tematiche dei licenziamenti discriminatori, dove il legislatore delegante lascia sopravvivere una alternativa di tutela tra quanto previsto dal codice di rito civile e quanto contenuto dall’articolo 38 del decreto legislativo del 11 aprile 2006, n. 198 e dall’articolo 28 del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150 tenendo in vita una potenziale disparità di tutela che sarebbe stato opportuno evitare. In merito a quest’ultimo punto, è auspicabile che il legislatore delegato, all’atto dell’espletamento della delega, possa fare chiarezza.

 

3. Il nuovo mezzo (potenzialmente) deflattivo.

Come ricordato in precedenza, in altra parte della legge 206 del 2021, precisamente nella lettera q) del comma 4, tra le altre ipotesi di potenziamento della mediazione e della negoziazione assistita, il legislatore, nel dettare i  criteri per il riempimento della delega, chiede all’Esecutivo di prevedere per le controversie di cui all’articolo 409 c.p.c la possibilità di ricorrere alla negoziazione assistita. Chiarisce, però, che tale possibilità non costituisce condizione di procedibilità dell’azione.

La opportunità contemplata, sulla base di un accordo che veda chiaramente espressa la volontà di entrambe le parti di ricorrere a tale mezzo di ADR, deve, però, prevedere che ciascuna parte sia assistita dal proprio legale ed eventualmente anche dai rispettivi consulenti del lavoro.

Tuttavia, la novità più rilevante, sulla quale occorre fermare la nostra attenzione, anche sotto il profilo deontologico, è costituita dalla circostanza che il legislatore delegato dovrà prevedere che all’eventuale accordo “sia assicurato il regime di stabilità protetta di cui all’articolo 2013, quarto comma, del codice civile”.

In tal modo, si incide sulla garanzia offerta dall’art. 2013 a vantaggio della parte ritenuta più debole, vale a dire, a tutela del lavoratore.

Invero, sarà compito degli avvocati, chiamati in assistenza in questo tipo di procedura, di riprodurre le garanzie che in precedenza venivano assicurate, a norma del quarto comma dell’art. 2013 del codice civile (modificato dall’art. 31 della legge n. 183 del 4 novembre 2010). La modifica delegata all’Esecutivo, al riguardo, ponendo fine ad un vincolo risalente al 1919 (art. 12 d.l.lt. 9 febbraio 1919, n. 112) tende ad ampliare l’ambito di applicazione della negoziazione assistita anche alle cause di lavoro, assegnando ad essa carattere di opportunità e non di obbligatorietà. 

Invero, trattandosi di vicende connesse a rapporti che implicano la disparità delle posizioni economiche dei contraenti sarà necessario, per gli avvocati all’atto della negoziazione, porre in essere tutte le accortezze idonee ad evitare che detta disparità venga replicata nell’accordo. Il successo della utilizzazione della negoziazione assistita nelle vertenze di lavoro, oltre che alle norme, che saranno previste dal legislatore, all’atto dell’espletamento della delega, è anche legato alla corretta ed attenta applicazione che i legali delle parti dovranno porre in relazione a detto istituto.

 

4. Modiche relative al giudizio di appello.

Nell’ambito della legge di delega è possibile riscontrare, nelle lettere c) ed e) del comma 8, dell’articolo 1 della legge n. 206 del 2021, altre due modifiche inerenti la fase di gravame del rito del lavoro. 

La prima, contenuta nel punto c), implica la delega all’Esecutivo di prevedere che “negli atti introduttivi dell’appello disciplinati dagli articoli 342 e 434 del codice di procedura civile, le indicazioni previste a pena di inammissibilità siano esposte in modo chiaro, sintetico e specifico”. Tale profilo, squisitamente formale, finalizzato a rendere più funzionale l’atto introduttivo del giudizio di gravame, al momento, non necessita di alcun tipo di commento. Sarà, poi, necessario, all’atto dell’espletamento della delega, verificare il portato delle potenziali novità. 

Inoltre, nella lettera e), del medesimo comma 8, è previsto che “l’impugnazione che non ha una ragionevole probabilità di essere accolta sia dichiarata manifestamente infondata e prevedere che la decisione di manifesta infondatezza sia assunta a seguito di trattazione orale con sentenza succintamente motivata anche mediante rinvio a precedenti conformi; modificare conseguentemente gli articoli 348 bis e 348 ter del codice di procedura civile”.

Invero, poiché detti articoli, in base a quanto disposto dall’art. 436 bis c.p.c., trovano applicazione anche per il giudizio del lavoro la delega contenuta nella lettera e), del comma 8, troverà applicazione anche in riferimento ai giudizi in tema di lavoro subordinato e/o parasubordinato. Sarà necessario attendere l’emanazione concreta degli articoli, al compimento della delega, per vedere quale sarà l’ampiezza dell’innovazione. Va, comunque, salutata positivamente la circostanza che viene prevista, nelle ipotesi di manifesta infondatezza del gravame, di una specifica trattazione orale e di una puntuale (anche se sintetica) motivazione al riguardo.

 

5. Conclusioni.

Dai suggerimenti contenuti nella legge 206 del 2021, emerge, chiaramente, come le modifiche legate al rito del lavoro sono marginali e confermano la validità di tale procedura nel tempo, a distanza di circa cinquanta anni dalla sua entrata in funzione. Invero, l’unica rilevante modifica si pone in relazione al chiarimento reso necessario dalle distonie introdotte, nel sistema, dalla legge n. 92 del 2012, che ha distonie che hanno, di recente, interessato anche il Giudice della legittimità delle leggi (cfr. Corte Costituzionale 19 maggio 2022, n. 125).

Come ricordato, in precedenza, al fine di valutare compiutamente le modifiche delegate sarà necessario che l’Esecutivo dia riempimento alla delega contenuta nella legge 206 del 26 novembre 2021, operazione che, come è noto, troverà compimento entro il termine del 24 dicembre 2022.